Trovo inconcepibile che le compagnie petrolifere, comprese quelle che si stanno tingendo di verde, evitino di adottare la misura che più consentirebbe di abbattere le emissioni di gas serra: azzerare il gas metano associato all’estrazione del petrolio che viene bruciato alla torcia in atmosfera (il cosiddetto gas flaring). Tema di cui si parla da decenni senza particolari risultati, nel silenzio anche di chi più degli altri sostiene di combattere la lotta ai cambiamenti climatici.

Nel 2019, secondo le rilevazioni satellitari riportate da World Bank attraverso Global Gas Flaring Reduction Partnership, si sono bruciate in atmosfera 150 miliardi di metri cubi di metano con una crescita record del 3,4% sul 2018: e 10 miliardi in più del 2010. Un livello pari al consumo annuale di gas nell’Africa Sub-Sahariana o due volte quello italiano.

150 miliardi i metri cubi di metano associati al petrolio bruciati nel 2019 per un ammontare di 400 milioni di tonnellate di gas serra

Ne sono derivate emissioni di gas serra per 400 milioni di tonnellate, pari a quelle dell’intera Gran Bretagna! A queste emissioni debbono poi aggiungersene altre nell’intera filiera metanifera, anch’esse di notevole rilevanza (si veda su MIT News The uncertain role of natural gas in the transition to clean energy del 19 dicembre 2019).

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